lunedì 2 luglio 2018

Libera nos, Dzyuba

Chiariamoci subito: la Federazione Russa è nata dal crollo dell'Unione Sovietica e noialtri che abbiamo scritto Calcio e Martello lo sappiamo fin troppo bene. L'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche non esiste da più di vent'anni e lo stato russo, ad eccezione dell'Inno le cui parole sono state cambiate a musica immutata, ha adottato una bandiera che i bolscevichi hanno osteggiato e combattuto per anni.
Fatta questa doverosa introduzione, possiamo spendere qualche parola sulla selezione calcistica della Federazione Russa in relazione, ovviamente, a quanto sta accadendo ai Mondiali. La Russia veniva data per spacciata nella fase ai gironi: l'Uruguay ha mostrato i muscoli contro la squadra di Stanislav Čerčesov e ha piegato senza troppi sforzi la sbornaja che non sembrava affatto quella di qualche giorno prima contro Egitto e Arabia Saudita. Le previsioni sembravano averci visto chiaro: dopo un avvio scoppiettante, ecco la Russia che si piega sotto i colpi di Vecino, Cavani e Suarez, in fondo "Egitto e Arabia Saudita non erano al livello della nazionale russa".

La Russia deve rifarsi da un proprio Mineirazo: l'eliminazione dalla fase a gironi nel campionato europeo di appena due anni fa. Inghilterra, Galles e Serbia sconquassarono e stordirono la nazionale tricolorata tanto da farla uscire quarta e con solo un punto. Le incertezze sulla tecnica e sulla qualità della selezione russa, all'indomani del Mondiale, sono tante e, nonostante giochi in casa, nessun commentatore  o notista sportivo scommette sul successo degli uomini di Čerčesov, anzi.
Come spesso accade in questi casi, però, la stampa italiana non brilla e «Repubblica», all'indomani della gara d'esordio del campionato mondiale, scrisse che «la nazionale aveva bisogno di riscatto» tanto che sarebbe stato Putin stesso a dichiarare di aspettarsi «un grande risultato: in realtà per lui la vittoria è l'autocelebrazione di se stesso e del suo zarismo anni 2000». E menomale che è «Repubblica» e non è Lercio. Pur di non parlare di calcio, meglio parlar di Putin, sport nazionale di qualsiasi iscritto all'ordine dei giornalisti dello stivale: le notizie con oggetto il Presidente Russo vengono molto cliccate dagli utenti italici, a quanto pare.
Al di là di discutibili articoli giornalistici, la Russia non avrebbe superato la prima fase del campionato del mondo, secondo qualsiasi fonte di stampa nazionale e non.

Il girone avrebbe aiutato, sì, ma l'Egitto (leggi: Mohammad Salah) avrebbe dato filo da torcere alla debole difesa russa, così come ad Akinfeev, non proprio uno Yashin: tutt'altro (la papera ai mondiali del 2014 contro la Corea del Sud brucia ancora moltissimo). Troppe defezioni, troppi giocatori che avevano segnato poco nel corso del campionato locale, come Dzyuba stesso, nonostante le buone prestazioni all'Arsenal Tula durante la stagione. Insomma, poco di tutto. E una nazionale che ha  poco di tutto non riesce ad affrontare correttamente un Mondiale.
Buone condizioni, invece, per quel che riguarda la preparazione atletica dei giocatori russi e per quel che riguarda la coesione dei nostri, fattore quest'ultimo da non sottovalutare.
Dzyuba, sostanzialmente, è una riserva della Sbornaja: una seconda linea che, tuttavia, già nel corso della prima partita mostra i muscoli, partendo dalla panchina e segnando il 3-0 di testa.
Una seconda linea che insacca un gol pesantissimo nella partita contro l'Egitto: una delizia per i profani di calcio, una perla per chi mastica tecnica e tattica tutti i giorni. Uno dei gol più "difficili" del mondiale, finora. E non solo a parere di chi scrive. 
Alla faccia della seconda linea, però, Artem Dzyuba (dall'alto dei suoi 196 centimetri!) sta portando in alto la Federazione Russa per la prima volta fra le "grandi" del Mondiale: a seguito della dissoluzione dell'Unione Sovietica, infatti, la Sbornaja non è mai riuscita ad imporsi a livello internazionale.
Dalle nostre parti, nonostante il caldo di Roma, da ieri ha iniziato a spirare un po' di brezza "sovietica" al termine dei rigori con la Spagna. Ci dobbiamo mettere la felpa mentre tutti sono in ciabatte e camicie di lino. E, certo: l'URSS non esiste più e non si inneggia più al socialismo nell'Inno Ma la Spagna allo stadio «Lenin»  di Mosca (ora Lužniki) i franchisti non passano.
E quando parte il Do maggiore la lacrimuccia scende sempre.
да здравствует, Dzyuba!

(marco piccinelli)